Cosa sono le bioplastiche?

Le bioplastiche sono materiali che derivano dalla biomassa vegetale, possono essere su base biologica, biodegradabili, oppure avere entrambe le proprietà. Esempi di bioplastica sono quelle derivati dalle filiere del mais, della canna da zucchero e dalla cellulosa.

Bioplastiche li futuro del confezionamento alimentare

L’utilizzo dei materiali plastici è diventato una delle criticità inquinanti ambientali più impattanti a livello mondiale.

L’impegno di tutti i paesi, per favorire il processo di transizione ecologica, a favore dell’economia circolare, per il contrasto del cambio climatico, è molto chiaro.

La direttiva SUP, la plastic tax, etichettatura ambientale degli imballaggi, sono solamente alcune delle attività a favore della sostituzione dei materiali convenzionali.

Anche le organizzazioni alimentari stanno progettando e pianificando il passaggio all’utilizzo, nei processi di confezionamento, una sostituzione del materiale plastico convenzionale, con le bio-plastiche biodegradabili.

L’inquinamento da plastica dispersa nell’ambiente, e la presenza di microplastiche negli alimenti e nell’ambiente, a danno della biodiversità, è un problema molto serio. Per comprendere gli impatti che la plastica può avere sull’ambiente, basti pensare a quanto materiale di confezionamento o packaging protegga un alimento.

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Quali sono gli impatti delle plastiche convenzionali?

Perché le plastiche convenzionali sono considerate inquinanti? In primo luogo, i materiali plastici convenzionali, sono impattanti sull’ambiente, in quanto i loro ingredienti principali sono derivati dai combustibili fossili.

Petrolio greggio, raffinato, gas naturali, che vengono miscelati con una serie di additivi per formare diverse tipologie di materiali in plastica. Quindi il primo impatto è nella fase di produzione. Proseguiamo…

I materiali plastici essendo molto utilizzati, anche grazie alla ‘fantastica’ gestione dell’uomo, riempono terreni, corsi d’acqua, e rientrano nella catena alimentare di animali e persino dell’uomo. In quanto, ammenochè non sia prodotto di materiali biodegradabili, a questa materia occorrono anche 1000 anni, per degradarsi nell’ambiente.

Quindi, impatto ambientale, impatto alimentare. C’è anche un importante impatto sociale. Perché i paesi grandi produttori di plastiche, spesso si fanno beffe, oltre che dell’ambiente, anche della sostenibilità socio economica dei lavoratori.

Molte sono le organizzazioni che adottano nelle loro politiche ambientali l’utilizzo di materiali sostenibili. Obiettivi di questo genere fanno ben sperare che finalmente la criticità della plastica venga presa seriamente.

Bioplastiche: che cosa sono?

Per materiale di confezionamento prodotto con bio-plastica si intendono tutte quelle tipologie di materiale che possa essere biodegradabile e o compostabile, utilizzato come packaging per gli alimenti.

Ovvero che alla fine della propria vita, siano totalmente biodegradabili, non dannose per l’ambiente il suolo, o essere riciclato. Gli esempi includono bio-PE, bio-PET, bio-propilene, bio-PP e nylon a base biologica

L’impiego di questi materiali a base di polimeri vegetali, viene utilizzato per una moltitudine di prodotti. L’amido e il PLA sono i principali polimeri biodegradabili utilizzati come materiale per il confezionamento di alimenti e bevande. Sono a base biologica e privi di sostanze chimiche dannose per il suolo e per il prodotto.

Sono quattro i principali materiali definiti come bioplastiche:

  • Polimeri biobased. Polimeri a base biologica derivati ​​da fonti di biomassa vegetali e che possono anche non essere biodegradabili. Il termine biobased si riferisce a prodotti polimerici che sono composti, derivati ed estratti ​da biomasse di prodotti vegetali, per esempio amico, cellulosa. O prodotti da microrganismi nei processi fermentativi, ad esempio poliidrossialcanoati, PHA. Inoltre, la biomassa vegetale può essere chimicamente convertita in elementi costitutivi per altri polimeri, per esempio polilattide, PLA, poliolefine. Il biobased può anche contenere materie prime derivanti da combustibili fossili. Le plastiche a base vegetale, sono comunemente costituite da scarti alimentari ricchi di carboidrati, come il mais, lo zucchero di canna. Oppure da materiale lignocellulosico. Anche materie prime animali sono state utilizzate per la produzione di plastiche, per esempio il siero del latte, il chitosano, oppure proteine della sota, ed olii dicchi di olii grassi e proteine;
  • Plastica biodegradabile. Polimeri che possono essere sia a base vegetale che fossile. Le plastiche biodegradabili dovrebbero essere mineralizzabili mediante l’azione di microrganismi nel loro ambiente naturale. I prodotti di questo processo sono energia, biomassa, acqua e anidride carbonica o metano, a seconda del presenza o assenza di ossigeno;
  • Plastiche oxo-biodegradabili. Le plastiche oxo-biodegradabili formano una classe speciale di plastiche. Comprendono principalmente poliolefine, come polietilene (PE) e polipropilene (PP). PE e PP sono generalmente stabilizzati dal aggiunta di antiossidanti. Tuttavia, PE e PP oxo-biodegradabili sono miscelate con ulteriori sostanze chimiche, per accelerarne il degrado dopo un certo periodo di tempo;
  • Materiali Bio-nanocompositi. I bio-nanocompositi sono costituiti da a matrice biopolimerica stabilizzata da nanoparticelle, per esempio le argille organiche, e le nanoparticelle d’argento.

Biodegradabilità: che cos’è?

La biodegradabilità è un processo mediante il quale microrganismi scompongono un materiale, in questo caso plastico, in condizioni adeguate. Assicurando giuste condizioni, e tempi necessari, tecnicamente, tutti i materiali, risultano essere degradabili.

Un materiale, viene considerato biodegradabile, se si degrada in un lasso di tempo relativamente breve, sotto i 12 mesi. Come abbiamo visto, non tutte le bioplastiche possono essere biodegradabili. E vengono suddivise in:

  • Degradabili: le materie plastiche, anche le plastiche convenzionali a base di petrolio, sono tecnicamente degradabili. Data la giusta quantità di tempo e condizioni ambientali, si romperanno in minuscoli frammenti. Tuttavia, tali plastiche non torneranno mai completamente al loro stato organico “naturale”, quindi rimangono una fonte di inquinamento, rilasciando sostanze chimiche e micro frammenti nell’ambiente;
  • Biodegradabili: le bioplastiche considerate biodegradabili, possono essere scomposte da microrganismi come batteri, funghi e alghe in acqua, anidride carbonica, metano, biomassa e composti inorganici. Come detto in precedenza, i tipi di bioplastiche che possono essere completamente scomposti entro pochi mesi sono considerati biodegradabili;
    Compostabili: le bioplastiche compostabili possono essere scomposte da microrganismi proprio come quelle biodegradabili, ma si decompongono in biomassa ricca di sostanze nutritive spesso in appena tre mesi, senza lasciare tossine o residui.

Bioplastica alimentare: perché devi utilizzarla?

Al di là degli aspetti inerenti alla sostenibilità ambientale, le organizzazioni posso trarre notevoli vantaggi dall’utilizzo delle bioplastiche alimentari nei propri processi di produzione e confezionamento. Innanzitutto perché possono dare evidenza dell’attenzione all’impatto ambientale e perché l’attenzione dei consumatori a queste tematiche è cresciuta molto.

Interessante è l’economia circolare che può generarsi, soprattutto dai materiali, provenienti come scarto di altre filiere. Di conseguenza la diminuzione dei rifiuti aziendali, e degli impatti della loro distruzione.

Il consumatore fino a qualche anno fa sceglieva i propri alimenti in base alle proprie abitudini, dieta, religione e provenienza. Poi c’è stato un’attenzione crescerne nei confronti della sicurezza alimentare, e sulla legalità dei prodotti nei confronti alle frodi.

Oggi giorno il consumatore considera un surplus, l’organizzazione che riesce ad unire tutti i concetti assieme alla sostenibilità ambientale.

Ovvero, un’organizzazione che dia evidenza del proprio impegno per la sicurezza, qualità e legalità dei propri prodotti, delle scelte sostenibili nei propri processi, compresi dell’utilizzo di energie rinnovabili ed i materiali per il confezionamento sostenibili, avrà un’attenzione maggiore per il consumatore.

Anche molte catene della GDO richiedono per i prodotti a marchio questi requisiti. L’attenzione quindi è molto alta e la direzione strategica dei grandi gruppi è chiara. Le politiche internazionali comunitarie si stanno dirigendo proprio in questo senso.

Anche l’aspetto energetico è da tenere in considerazione. Altri vantaggi possono essere l’uso di sorgenti e materie provenienti da sottoprodotti, la riduzione dell’impronta di carbonio, nelle fasi di produzione, ed ovviamente di smaltimento, delle plastiche biodegradabili rispetto alle materie plastiche convenzionali.

Plastiche biodegradabili: quali sono i requisiti?

Tanta è la crescita esponenziale delle tipologie di prodotti in bioplastiche alimentari, che non vi sono delle normative di riferimento specifici per i materiali di confezionamento. È ovvio che le plastiche biodegradabili devono essere idonee al contatto alimenti, ottemperando i Reg CE 1935 e Reg CE 10, considerando anche le norme tecniche, come la EN 13432, e la ISO 14995, sui materiali compostabili e biodegradabili.

A livello comunitario si sta lavorando in questa direzione. Sicuramente per uniformare il Reg CE 2023, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. Sono molte le richieste che riceviamo.

Richieste volte soprattutto alla certificazione di materiali per il confezionamento. derivanti da scarti di altre lavorazioni.

Consigliamo alle organizzazioni non solo di essere nel pieno rispetto dei regolamenti sopra citati. Ma anche di considerare gli aspetti organolettici degli alimenti che andremo a confezionare.

In quanto questa tipologia di materiali spesso, pur essendo sicuri dal punto di vista chimico e biologico, possono avere un impatto differente sull’alimento rispetto ai materiali plastici convenzionali.

Quindi in fase di qualifica dei fornitori e di analisi delle materie prime, definire quelli che siano i requisiti minimi per questi materiali, moca, testandone e validandone l’efficacia per l’utilizzo a noi necessario.

E’ anche importante, qualora volessimo riportare tali informazioni sulle etichette e sulle schede tecniche di avere tutte le evidenze a supporto di tali dichiarazioni per non intercorrere in sanzioni.

Ovviamente, per i produttori, ed i trasformatori di materiali, ci sono a disposizione gli standard del settore. Infatti sia lo standard di certificazione BRC Packaging, che IFS PAC Secure, standard di requisiti nati dalle GDO internazionali, e riconosciuti dal GFSI, Global Food Safety Ininitiative, contemplano nelle categorie di prodotti certificabili, anche questi materiali sostenibili.

Oltre gli aspetti prettamente produttivi, ci sono altre due certificazioni che possono essere interessanti. La prima è la LCA, life cycle assessment, standard che si occupa di definire gli impatti di un prodotto dalla progettazione al suo smaltimento, e la certificazione ISCC, standard sulla sostenibilità della catena di fornitura.