Cos’è il piano di emergenza ambientale?

Il piano di emergenza ambientale, è un’insieme di procedure, istruzioni ed attività, da attuare a seguito di un incidente, o accadimento, che possa avere un implatto sull’ecosistema.

Avere un piano di emergenza ambientale ed essere preparati ad una emergenza, è uno dei requisiti della norma di certificazione ISO 14001:2015 che definisce al punto 8.2 ‘Preparazione e Risposta alle emergenze’:

“L’organizzazione deve stabilire, attuare e mantenere attivo, il processo necessario per prepararsi a come dovrà affrontare e rispondere alle potenziali situazioni di emergenza ambientale”

Piano di emergenza ambientale secondo la ISO 14001

Spesso questo requisito ambientale si integra anche con il ‘gemello’ per la salute e sicurezza sul lavoro, secondo la norma di certificazione ISO 45001.

Prima di procedere con la descrizione di un efficace piano di emergenza ambientale, definiremo alcune terminologie fondamentali:

  • Aspetti ambientali. L’elenco delle attività e sostanze che possono avere un impatto sull’ambiente;
  • Emergenza ambientale. Una situazione che può interessare varie matrici, aria, acqua e suolo. Può derivare da un accadimento generato durante l’attività, sversamento, incendio, esplosione, rumore, inquinamento diretto dell’organizzazione, oppure causato da un evento atmosferico, inondazione, terremoto, vento, burrasca, piogge, ecc.

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Piano di emergenza ambientale: i requisiti

La norma di certificazione ISO 14001 non è un sistemetto con due dati e due obiettivi buttati lì. I requisiti infatti, richiedono in primis la definizione degli aspetti ambientali, tramite l’effettuazione di una valutazione ambientale iniziate.

Grazie a questa valutazione l’organizzazione potrà attuare azioni di prevenzione e gestione dei vari aspetti ambientali, e mettere in atto attività di emergenza redigendo un piano di emergenza.

E’ chiaro che i requisiti della norma, madre delle certificazioni ambientali, ma come obiettivo quello di far crescere l’attenzione delle organizzazioni oltre le tematiche obbligatorie definite dal testo unico.

Ma andare verso la protezione dell’ecosistema ed il miglioramento delle performance sugli aspetti ambientali.

Oltre che richiedere alle organizzazioni un’alta cultura ambientale a tutti i livelli, una competenza delle risorse umane e un allenamento alla gestione delle situazioni di emergenza.

Non è solamente la norma ambientale e safety a richiedere la gestione di un’emergenza, tutte le norme alimentari, per esempio, inseriscono nei loro requisiti questa richiesta.

Piano di emergenza ambientale: gli step che devi seguire

Vediamo di seguito quelli che secondo noi sono gli step da seguire per l’implementazione di un piano di emergenza ambientale secondo la ISO 14001:

  1. Raccolta delle informazioni. Questa è una parte fondamentale, requisiti obbligatori applicabili, a livello di testo unico ambientali e locali, la definizione del contesto aziendale e delle parti interessate, nonché tutte le informazioni, pericoli, inerenti ai processi, ed alle sostanze/materiali in ingresso ed in uscita;
  2. Definizione dei rischi. L’effettuazione della valutazione ambientale iniziale, delle autorizzazioni AUA e AIA, dei rischi e delle opportunità, fornirà un quadro generale delle attività da mettere in atto a protezione dell’ecosistema;
  3. Prevenzione. Dalle valutazioni sopra, fuoriusciranno le attività necessarie di manutenzione, strutturali e procedurali, filtraggi, di monitoraggio, certificati incendi, test analitici, mantenimento autorizzazioni, attività di valutazione continua a prevenzione dell’inquinamento ambientale;
  4. Comunicazione. La comunicazione aziendale in questo ambito è fondamentale, chi contatta chi e cosa, sono necessari. La competenza, chiarezza e la tempestività. Definire delle vie di comunicazioni efficaci in ogni situazione;
  5. Responsabilità. Definire la catena delle responsabilità per le attività ordinarie e per le attività di emergenza ambientale;
  6. Formazione delle risorse. Tutte le risorse devono essere formate sui rischi ambientali aziendali ordinari o di emergenza.
  7. Definizione del piano di emergenza operativo. Il fulcro di tutto, definire tutte le fasi operative da portare avanti dall’inizio dell’emergenza fino alla chiusura. Tutte le attività operative, le responsabilità, le attrezzature, i comportamenti da tenere e le azioni da effettuare per tutte le tipologie di emergenze che sono definite;
  8. Addestramento e prove di emergenza. Effettuazione dei test  in base alle possibilità di emergenza ed incidente individuato, test pratico operativi che abituino tutti gli addetti alla gestione di un’emergenza, coinvolgendo tutti gli attori interni, o esterni, manutentori, aziende terze di bonifica, laboratori, Vigli del Fuoco, Arpa, ecc. Questa tipologia di test dovrebbe essere valutata secondo le competenze delle risorse e sui tempi di effettuazione, e ragazzi… evidenze, evidenze, evidenze. I lo facciamo sempre, siamo abituati ecc ecc ne tutelano le organizzazioni ne l’ambiente;
  9. Valutazione e miglioramento. Almeno annualmente dovrebbe essere rivalutato il piano di emergenza ambientale. Dati raccolti durante i test, durante gli accadimenti del periodo preso in oggetto, modifiche del contesto aziendale o dei prodotti e processi. Oppure per mutate condizioni di rischio ambientale applicabile esterno.

In un sistema di gestione integrato, molti di questi aspetti saranno comuni sia per la protezione dell’ambiente, sia per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, secondo la norma di certificazione ISO 45001.

O in un’azienda produttrice sarà necessaria anche la valutazione della conformità dei prodotti per il loro rilascio dopo una possibile emergenza.

Piano di emergenza ambientale: ma se un’emergenza è in atto?

Ovviamente si pò strutturare un piano di emergenza ambientale efficientissimo, si può essere altamente consapevoli e competenti, le attrezzature possono essere mantenute nel massimo stato di buon uso e altro, ma il rischio 0 non esiste.

Quindi l’allenamento che abbiamo visto nel paragrafo precedente servirà non solo a prevenire i danni ambientali, ma anche, in caso di accadimento, diminuirli il più possibile. Mettendo anche in azione delle attività di business continuity e di miglioramento sui danni arrecati.

Per esempio, un’organizzazione che stocchi materiali chimici, non in territori soggetti a terremoti, da dove inavvertitamente ci sia stata un’attività di questo genere che ha arrecato danno alle strutture o altro.

In questo senso potrebbero anche essere considerate delle polizze assicurative di intervento rapido di bonifica, nel piano di emergenza ambientale, non essendo sufficienti le risorse e le misure interne.